Cinquantasette anni, occhialetti da intellettuale, sigaro toscano sempre tra le labbra, capelli brizzolati tagliati cortissimi, moglie medico e un figlio al liceo, Franco Marini è il primo dirigente sindacale che trasloca per andare ad occupare la poltrona di ministro del Lavoro. Un trasloco di poche centinaia di metri, da via Po, dove ha sede la Cisl, a via Flavia, dove fino a poco fa regnava, rissoso e polemico, Carlo Donat Cattin, che di Marini può considerarsi uno dei padri politici.
Il padre vero di Franco Marini era un povero operaio abruzzese, di San Pio delle Camere, provincia dell’ Aquila, che lavorava alla Snia in un’ epoca nella quale non esistevano gli ammortizzatori sociali di oggi e che conobbe quindi anche lunghi periodi di disoccupazione.
Franco Marini, primo di sette figli, è un dirigente politico che può vantarsi di conoscere direttamente la condizione di sofferenza di tanti strati popolari. Ha fatto i suoi studi all’ Aquila, ma la sua vera scuola è stata quella sindacale di Firenze, dove ha avuto come compagni di banco Pierre Carniti e altri ragazzi che sarebbero diventati, nel giro di pochi anni , dirigenti della Cisl. Tra i suoi padri politici va ricordato anche Giulio Pastore, che nel 1963 chiamò quel giovane sindacalista, che fino allora aveva avuto modesti incarichi organizzativi, all’ ufficio studi del ministero per la Cassa del Mezzogiorno, assieme a un’ altra promessa della Dc, Enzo Scotti oggi ministro degli Interni.
Soddisfatto, Franco Marini? «Certamente. Sono stato uno dei pochi ha detto a scegliere il dicastero preferito». Soddisfatti anche i massimi dirigenti di Uil e Cgil. In una sorta di rimpasto che non propone nulla di nuovo commenta Giorgio Benvenuto, l’ unica cosa positiva è la nomina a ministro del lavoro di Franco Marini. Non sono da meno Bruno Trentin e Ottaviano Del Turco che gli hanno mandato i loro affettuosi auguri aggiungendo: «Potrai contare sulla nostra leale disponibilità per trovare una vera soluzione ai gravi problemi sociali del paese».
Sergio D’ Antoni e Raffaele Morese, rispettivamente numero uno e numero due della Cisl esultano: «Non ci aspettiamo partigianerie, ma l’ unico vantaggio che ci aspettiamo è la sua sensibilità ai problemi del mondo del lavoro». A questa apertura di credito che gli è venuta dalle organizzazioni sindacali, Franco Marini ha subito risposto quando, conversando con i giornalisti al termine della cerimonia del giuramento, ha detto: «Nello svolgere il mio mandato mi avvarrò sicuramente dell’ esperienza sindacale che ho maturato. Non voglio dire se sarà più facile o più difficile trattare con Trentin o del Turco perchè so che l’ azione del ministro del Lavoro spesso è complicata. Ma io li riconosco come dirigenti sindacali responsabili, seri e coscienti, sia nell’ interesse dei lavoratori che del paese».
Democristiano da sempre, ma geloso dell’ autonomia del sindacato, è stato tra i più tenaci oppositori della politica reaganiana con la quale Ciriaco De Mita inaugurò la sua segreteria. Il suo intervento come delegato al congresso dc del 1984 fece saltare i nervi a De Mita che, nella replica, lo accusò di disonestà intellettuale e gli disse, sprezzante: «Di questo passo, caro Marini, non interesserai più.