Manifestiamo per cambiare il decreto e ottenere misure urgenti

Una manifestazione in piazza Montecitorio, mercoledì 9 giugno, per chiedere che siano cambiate molte delle disposizioni riguardanti la scuola nel DL 73/2021 (“sostegni bis”), pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 25 maggio e inviato alle Camere per l’iter di conversione in legge.
Lo hanno deciso le organizzazioni sindacali di categoria aderenti alle confederazioni che hanno sottoscritto il “Patto per la Scuola al centro del Paese” il 20 maggio scorso (CISL Scuola, FLC CGIL, UIL Scuola, SNALS e ANIEF). Ed è proprio a partire dal contrasto tra molte delle misure contenute nel decreto e gli obiettivi indicati nel Patto che muovono le critiche dei sindacati; le scelte del Governo, denunciano, sono state assunte fuori da ogni confronto con le parti sociali, un metodo che contraddice l’impegno a valorizzare il dialogo e le relazioni sindacali.
Il manifesto diffuso dalle organizzazioni che hanno indetto il presidio del 9 giugno elenca una serie di obiettivi su cui si sollecita da parte delle forze politiche un’azione emendativa nel corso dell’iter di conversione del provvedimento, che in prima battuta sarà portato all’esame della Camera dei Deputati: stabilizzazione dei docenti precari, dei facenti funzione di DSGA, potenziamento degli organici, superamento dei blocchi alla mobilità, riduzione del numero massimo di alunni per classe, cancellazione del divieto di partecipare a un nuovo concorso se non si è superato quello precedente.
In concomitanza con la manifestazione nazionale altre iniziative saranno indette dalle strutture territoriali in tutto il Paese.
CISL Scuola, FLC CGIL, UIL Scuola, SNALS e ANIEF hanno inoltre inviato ai Presidenti delle Commissioni 5 (Bilancio) e 7 (Istruzione) di Camera e Senato una richiesta di audizione sugli aspetti del DL 73 riguardanti la scuola.
Nel frattempo è giunta dal Ministero dell’Istruzione la convocazione, per giovedì 3 giugno, del tavolo sul reclutamento previsto dal Patto per la Scuola: un’occasione per riproporre anche con l’Amministrazione le ragioni che rendono indispensabile, per i sindacati, attivarsi per un’efficace azione emendativa del provvedimento all’esame delle Camere.

DECRETO SOSTEGNI BIS (articoli che riguardano la scuola) pubblicato in gazzetta ufficiale il 25/05/2021

Di seguito il commento al decreto di Maddalena Gissi

COMMENTO DI MADDALENA GISSI

Le misure sul reclutamento inserite nel decreto sostegni bis sono in parte da rivedere, in parte da cancellare. Di positivo c’è solo l’apertura a un modello non incentrato esclusivamente sui concorsi per esami, ma aperto all’utilizzo di un secondo canale, per titoli, nel quale viene riconosciuta e valorizzata anche l’esperienza di lavoro. L’idea che i concorsi per esami sarebbero l’unica modalità obiettiva e trasparente di selezione, senza la quale avrebbero campo libero l’arbitrio e i favoritismi, è profondamente sbagliata: altrettanto obiettive e trasparenti sono infatti le modalità con cui vengono compilate le GPS, ossia le graduatorie dalle quali il decreto prevede si possa attingere per assunzioni destinate ad una conferma in ruolo al termine dell’anno scolastico. Bene dunque che si sia rimosso un tabù, ora è necessario proseguire su questa strada per una riforma complessiva del reclutamento, che coinvolga le GPS di II fascia e attivi la formazione iniziale abilitante, come indicato chiaramente nel “Patto per la scuola al centro del Paese” sottoscritto il 20 maggio. Peccato, tuttavia, l’inopinato inserimento di un esame finale che, intervenendo successivamente al giudizio positivo già espresso dal dirigente e dal comitato di valutazione, è solo la bandierina di un insensato accanimento ideologico e in quanto tale andrebbe senz’altro rimossa.
Tra le altre cose da rivedere c’è anche il requisito dei 36 mesi di servizio richiesti per essere assunti in ruolo dalle GPS: in questo modo si riduce enormemente il numero delle possibili nomine, rispetto a un fabbisogno di personale che è particolarmente elevato per i posti di sostegno. Gli aspiranti in possesso del titolo di specializzazione hanno alle spalle percorsi di studio lunghi e impegnativi, che offrono una buona garanzia di qualità professionale. Si faccia in modo che possano diventare risorse stabili a disposizione delle nostre scuole per programmare e gestire in modo ottimale le loro attività su un versante delicato e importante come quello dell’inclusione.
Tra le cose da cancellare, sicuramente la norma che impedisce di partecipare a un concorso chi non ha superato quello precedente. Viene da chiedersi chi abbia escogitato una forma così grave e inquietante di penalizzazione, che rende irreversibile e irreparabile anche il più banale incidente di percorso, come può capitare per mille ragioni diverse in una prova concorsuale. Davvero non se ne comprende la ragione: se fosse quella di evitare procedure sovraffollate, sarebbe facile rispondere che, nonostante il moltiplicarsi di concorsi (uno ogni due anni negli ultimi sei), lo scorso anno si è potuta coprire solo una minima parte dei posti disponibili per mancanza di aspiranti nelle graduatorie. Dunque un divieto che è al tempo stesso odioso e stupido.
Inaccettabili anche le invasioni di campo che il decreto compie su materie soggette a regolazione per contratto, come la mobilità del personale. Bruttissimo segnale dopo che, anche nel Patto, si sono fatte solenni dichiarazioni di apertura al dialogo, al confronto, alla valorizzazione delle relazioni sindacali.
Questo è il dato che maggiormente sorprende e preoccupa, cioè la palese incoerenza con gli intenti concertativi che sono alla base del Patto per la scuola e che costituiscono il presupposto necessario per uno sviluppo di tutte le sue potenzialità. L’auspicio è che ne abbiano piena consapevolezza il Ministro, che direttamente lo ha firmato, e il Governo che gliene ha conferito mandato.
È chiaro che faremo tutto il possibile perché in sede di conversione in legge del decreto si intervenga con i necessari emendamenti; incalzeremo su questo le forze politiche, ma prima di tutto l’Amministrazione e il Ministro, che non possono non rendersi conto di tante incongruenze, alcune veramente macroscopiche, che mettono a rischio il buon avvio dell’anno scolastico: si pensi alla sconcertante previsione di un avvicendamento a fine ottobre tra supplenti e vincitori di concorso. Chi ha scritto quelle norme sa evidentemente poco o nulla di come funziona realmente la scuola, quali siano i suoi tempi e le sue esigenze, a partire dalla continuità didattica. Si faccia di tutto per non compromettere sul nascere il buon lavoro avviato con la firma del Patto.

Insegnanti, il rischio non è di assumerne troppi, ma troppo pochi

Si ripetono in queste ore prese di posizione in cui si paventa il rischio di un eccessivo numero di
assunzioni nella scuola, giudicato incoerente con la prospettiva di un decremento demografico che
farebbe diminuire il fabbisogno di insegnanti e aprirebbe la strada a possibili situazioni di esubero.
Sono considerazioni che lasciano stupefatti, perché bastano poche cifre a dimostrare che le
preoccupazioni manifestate sono del tutto prive di fondamento.
Già lo scorso anno si è visto come su oltre 80.000 assunzioni autorizzate (pari al numero di posti
vacanti) sia stato possibile farne solo 20.000 circa, per mancanza di aspiranti nelle graduatorie da
cui si poteva attingere. Clamoroso poi il flop nelle assunzioni su posti di sostegno, per la mancanza
di personale in possesso del prescritto titolo di specializzazione, conseguibile solo con percorsi
universitari inopinatamente attivati in misura nettamente inferiore al reale fabbisogno e con forti
disomogeneità sul territorio nazionale.
In prospettiva, sono i dati anagrafici riscontrabili fra il persona docente a dirci come il rischio di
esuberi sia del tutto improbabile, se si tiene conto che sono più di 300.000 gli insegnanti con oltre
54 anni di età, il che fa pensare a un esodo per pensionamenti che si manterrà piuttosto consistente
nei prossimi anni.
Ma anche altri dati ci offrono indicazioni interessanti, smentendo ulteriormente che si vada incontro
a un eccesso di assunzioni: il rischio è invece che avvenga il contrario, ossia che i criteri individuati
nel decreto sostegni bis per l’accesso alle modalità di reclutamento restringano di molto il numero
di quelle che sarà possibile effettuare. Se avrà diritto a essere nominato, oltre agli aspiranti in GAE
e GM, solo chi è in prima fascia GPS con tre anni di servizio, degli attuali 100.000 posti vacanti se ne
potranno coprire molti meno dei 70.000 di cui in questi giorni si parla.
Da qui la necessità di modificare quei criteri, se non si vuole ripetere il flop dell’anno scorso e
ritrovarsi ancora con una massa enorme di precariato.
Il ragionamento da fare in prospettiva, in ogni caso, non può essere quello di una meccanica
correlazione tra numero di alunni e numero di docenti, a meno che non vengano smentiti tutti i
ragionamenti, e i conseguenti impegni, sulla necessità di un rinnovato assetto del sistema di
istruzione che tenga conto di alcuni obiettivi indicati precisamente nel Patto per la Scuola. Il
contrasto alla povertà educativa e un accresciuto livello di competenze, punti cardine della strategia
indicata in modo condiviso nel Patto, presuppongono infatti un ampliamento del tempo scuola, lo
sviluppo di attività laboratoriali a supporto di un insegnamento non meramente trasmissivo, una
dimensione ottimale dei gruppi classe, evitando situazioni di sovraffollamento incompatibili con la
realtà di molte strutture scolastiche e con la personalizzazione della didattica. E si potrebbe
continuare a lungo per dimostrare come le politiche degli organici richiedano un approccio meno
semplicistico di quello che si limita a correlare aritmeticamente posti e popolazione scolastica: quel
che occorre è una visione lungimirante, nella quale si punta a mettere le scuole in condizione di
programmare più efficacemente le proprie attività, dal recupero di eventuali debiti (esigenza che
sicuramente investe il prossimo anno scolastico) al rinforzo delle eccellenze.
Se in prospettiva occorre recuperare una modalità di ragionamento meno superficiale e più
coerente all’obiettivo di ridare centralità alla scuola, nell’immediato le stesse esigenze comportano
sostanziose modifiche a un decreto che diversamente potrebbe rivelarsi inadeguato ad affrontare i
problemi che pure il Governo si dice intenzionato a risolvere. Se le disposizioni restano quelle, ci
attende un anno scolastico in cui le criticità riscontrate negli anni precedenti potrebbero riproporsi
e anzi aggravarsi.
Maddalena Gissi, segretaria generale CISL Scuola

Patto per la scuola al centro del Paese

È stato da poco firmato il “Patto per la scuola al centro del Paese”, sottoscritto dai Sindacati e dal Ministro dell’Istruzione. La firma è avvenuta a Palazzo Chigi, segno di un’attenzione che investe il Governo nel suo insieme nel sostenere obiettivi e strategie indicate nel documento, in cui ad un’ampia premessa segue l’elencazione di ventuno obiettivi condivisi dalle parti.

“LINEE OPERATIVE PER GARANTIRE IL REGOLARE SVOLGIMENTO DEGLI ESAMI CONCLUSIVI DI STATO 2020/2021” – PROTOCOLLO D’INTESA

E’ stato sottoscritto (nota n. 14 del 21 maggio 2021) il protocollo di intesa tra MI e OO.SS. contenente le linee operative per garantire il regolare svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e secondo ciclo d’istruzione 2020/ 2021.
Il Protocollo disciplina lo svolgimento degli Esami di Stato e degli esami preliminari per l’a.s. 2020/2021. Gli Esami di Stato si svolgeranno, fatti salvi i casi previsti dalle Ordinanze ministeriali n 52 e 53 del 3 marzo 2021, in presenza. Gli esami preliminari si svolgono esclusivamente in presenza.
Sostanzialmente sono confermate le misure di sicurezza previste nel Protocollo d’intesa 2019 – 2020 e nell’allegato Documento tecnico scientifico che, pertanto, si applicano anche agli esami conclusivi di Stato della scuola secondaria di 1° e 2° grado per l’a.s. 2020/2021. Trovano altresì applicazione le misure previste dal protocollo n. 87 del 6 agosto 2020.
Le principali novità la riguardano la tipologia di mascherine da adottarsi, che dovranno essere di tipo chirurgico. Non potranno, infatti, essere utilizzate mascherine di comunità ed altresì sconsigliato, da parte degli studenti, l’utilizzo delle mascherine FFP2 in ragione del parere del CTS espresso nel verbale n. 10 del 21 aprile 2021.
E’ consentito lo svolgimento delle prove dell’esame di Stato o dei lavori della Commissione d’esame in modalità di videoconferenza nei casi di seguito riportati e secondo le modalità previste nelle Ordinanze ministeriali:
per i candidati degenti in luoghi di cura od ospedali, o comunque impossibilitati a lasciare il proprio domicilio nel periodo dell’esame, e per i detenuti;
nei casi in cui le condizioni epidemiologiche e le disposizioni delle autorità
competenti lo richiedano;
qualora il dirigente scolastico, o successivamente il presidente della commissione, ravvisi l’impossibilità di applicare le misure di sicurezza stabilite da specifici protocolli nazionali di sicurezza – in conseguenza dell’evoluzione della situazione epidemiologica e delle disposizioni ad essa correlate – e comunichi tale impossibilità all’USR per le conseguenti valutazioni e decisioni;
qualora uno o più commissari d’esame siano impossibilitati a seguire i lavori in presenza, inclusa la prova d’esame, in conseguenza di specifiche disposizioni
sanitarie connesse all’emergenza epidemiologica, il presidente della commissione dispone la partecipazione degli interessati in videoconferenza o altra modalità sincrona.
Infine, per quanto concerne le riunioni plenarie delle Commissioni d’esame è ammesso, per l’esame di Stato conclusivo del primo e del secondo ciclo di istruzione, lo svolgimento a distanza nei casi in cui le condizioni epidemiologiche e le disposizioni delle autorità competenti lo richiedano; qualora il dirigente scolastico, o successivamente il presidente della commissione, ravvisi l’impossibilità di applicare le misure di sicurezza stabilite, dovrà comunicare tale impossibilità all’Ufficio Scolastico Regionale.

Corresponsione dei trattamenti economici sostitutivi delle ferie per il personale docente e ATA titolare di contratto stipulato ai sensi dell’articolo 231-bis del decreto-legge n. 34 del 2020 – cd. “monetizzazione delle ferie”.

Stanno giungendo numerosi quesiti in merito alla possibilità di “monetizzare le
ferie” non fruite dai docenti e dal personale ATA assunti ai sensi dell’articolo 231-bis del
decret0-legge n. 34 del 2020 (cd. personale “Covid”).
La corresponsione dei trattamenti economici sostitutivi delle ferie per il
personale docente e ATA, incluso quello assunto per la gestione dell’emergenza
epidemiologica, è disciplinata dall’articolo 5, comma 8, del decreto-legge n. 95 del 2012.
Le circolari della Ragioneria generale dello Stato 14 settembre 2021, prot. 77389, e del
Dipartimento della funzione pubblica 6 agosto 2012, prot. 32937 nonché 8 ottobre 2012,
prot. 40033, illustrano le modalità attuative del menzionato articolo 5, comma 8.
In breve, come chiarito anche dalla dichiarazione congiunta n. 2 allegata al
contratto collettivo nazionale di lavoro 19 aprile 2018, «all’atto della cessazione del servizio
le ferie non fruite sono monetizzabili solo nei casi in cui l’impossibilità di fruire delle ferie
non è imputabile o riconducibile al dipendente come le ipotesi di decesso, malattia e
infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente e assoluta,
congedo obbligatorio per maternità o paternità».
La disciplina menzionata conduce a conclusioni diverse per il personale docente
rispetto a quello ATA.
Ministero dell’istruzione
Ufficio scolastico regionale per il Lazio
Direzione generale
Il personale docente, ai sensi dell’articolo 1, comma 54, della legge n. 228 del
2012, «fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari
scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle
attività valutative. Durante la rimanente parte dell’anno la fruizione delle ferie è
consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla
possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi
oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.»
Sostanzialmente, il legislatore ha ritenuto che i docenti assolvano al diritt0-
dovere di cui all’articolo 36 della Costituzione conseguendo il necessario riposo durante i
periodi di sospensione delle lezioni a prescindere dal fatto che le ferie siano state
formalmente richieste.
Questa disposizione, richiamata dalla citata dichiarazione congiunta n. 2
allegata al contratto collettivo nazionale di lavoro, si applica anche al personale docente
nominato ai sensi dell’articolo 231-bis del decreto-legge n. 34 del 2021 (cd. “covid”).
Per questo motivo, i docenti “covid” potranno “monetizzare” le ferie
maturate delle quali non abbiano fruito, purché al netto dei giorni di sospensione delle
lezioni (pause natalizia, pasquale e “ponti” vari) compresi nel contratto. La detrazione
va fatta con riferimento ai soli giorni di sospensione delle lezioni nei quali il docente non
abbia fruito delle ferie, per evitare di detrarre tali giorni per due volte.
In generale e salvi i casi di cui alle menzionate circolari della Ragioneria
generale dello Stato e del Dipartimento della funzione pubblica, i docenti potranno
“monetizzare” le ferie nel seguente limite:
[Giorni monetizzabili per i docenti] = [ferie non fruite] – [giorni di
sospensione delle lezioni compresi nel contratto nei quali non si sia fruito
delle ferie e non siano state svolte attività deliberate]
Nel caso specifico dei docenti “covid”, non devono essere detratti i giorni della
pausa estiva, considerato che i relativi contratti terminano prima.
Al personale ATA si applica la stessa disciplina, però con risultati diversi.
Ministero dell’istruzione
Ufficio scolastico regionale per il Lazio
Direzione generale
Il personale ATA, infatti, ai sensi dell’articolo 13 del contratto collettivo
nazionale di lavoro 29 novembre 2007, come modificato dall’articolo 41 del contratto del
19 aprile 2018, può fruire delle ferie in qualunque momento dell’anno.
Per questo motivo, la predetta formula conduce sempre a un risultato negativo,
impedendo la “monetizzazione” salvo che per i titolari di contratto di “supplenza breve” di
pochissimi giorni e salve, sempre, le ipotesi di cui alle menzionate circolari della
Ragioneria generale dello Stato e del Dipartimento della funzione pubblica. Per assolvere
al diritto-dovere di cui all’articolo 36 della Costituzione («Il lavoratore ha diritto al riposo
settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi»), il personale ATA deve
fruire delle ferie.
Il direttore generale
Rocco Pinneri

Incontri di formazione per Dirigenti Scolastici di nuova nomina

Si apre una nuova entusiasmante sfida professionale. La Cisl Scuola vuole esserti vicina
con una serie di incontri e strumenti, per darti supporto e sostegno.
Le attività previste sono gratuite, svolte in modalità on line, con incontri in sincrono,
registrazioni di contributi da fruire in modalità asincrona e materiali di
approfondimento. Ti sarà assicurata una consulenza costante e tempestiva sin dal
momento dell’insediamento e verranno attivati specifici ambienti di formazione.
Per quanto possibile, utilizzeremo la metodologia degli studi di caso e ci avvarremo
dell’insostituibile esperienza di dirigenti scolastici esperti, provenienti da diverse parti
d’Italia.
Speriamo di poter realizzare anche una giornata in presenza, prima dell’avvio del
nuovo anno scolastico, per poterci incontrare di persona, scambiarci i consigli finali e
affrontare gli ultimi dubbi. Dopo l’avvio delle lezioni, continueremo la nostra attività
con alcuni incontri che si svolgeranno a fine settembre.
I primi due seminari sono aperti anche ai non iscritti alla Cisl Scuola.